mercoledì 27 luglio 2016

TRUMP, EISENHOWER E IL CONTO DELL'HOTEL

Faceva caldo lunedì, nella sala da ballo del lussuoso hotel di Roanoke, in Virginia, dove un Donald Trump reduce dalla Convention Nazionale di Cleveland stava spiegando ai suoi simpatizzanti come intende 'Rendere di nuovo grande l’America' in politica estera.
Si sudava, le signore agitavano i ventagli. A Trump questo fastidio è sembrato una occasione perfetta per spiegare come funzionano le cose. Ecco, vedete? Io qui pago il conto della sala, ma se i proprietari dell’hotel stanno facendo i furbetti risparmiando sull’aria condizionata, sapete che c’è? Io il conto posso anche decidere di non pagarlo. Perché se loro non fanno la loro parte, io ho diritto a non fare la mia.
Non si è trattato di una digressione estemporanea. Trump stava spiegando come intende gestire il ruolo dell’America nel mondo. E si riferiva, in particolare, alla sua sortita sulla politica estera che - in una intervista al New York Times pochi giorni prima - aveva suscitato maggior scalpore: ossia la affermazione che gli alleati devono smetterla di usufruire a scrocco della protezione militare garantita dagli Stati Uniti, e devono cominciare a contribuire in modo più equo ai costi delle strutture militari alleate.
Avrebbe potuto benissimo essere riconosciuta come la più obamiana di tutte le cose dette da Trump, perché da anni Obama va ripetendo esattamente la stessa cosa, in ogni occasione. Ha persino parlato di alleati “free rider”, cioè scrocconi, per l’appunto. Evidentemente non si tratta della tesi di una parte politica, ma di una esigenza molto sentita da tutta l’America, e fortemente radicata nella realtà.
Ma Trump è Trump, mica può limitarsi a dire le stesse cose che dice anche Obama. E così ha rincarato la dose, alla sua maniera. Se la Russia invade un Paese alleato, gli USA interverranno a difenderlo? Dipende. 
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